mercoledì 29 maggio 2013

Al voto, al voto!

Il voto amministrativo dello scorso fine settimana ha detto due tre cose che a ben guardare portano ad un'unica conclusione, io le ho sentite così:

  1. Rivoluzioni a corrente alternata. La sconfitta chiara del futurista movimento 5 stelle è arrivata a causa della rete e non dei giornalisti-carogne che spalano fango su Beppe e i suoi dalla mattina alla sera o a causa “degli scarsi fondi messi a disposizione per la campagna elettorale” (cit.De Vito candidato sindaco M5S, quando si dice la coerenza..). E' arrivata a causa della rete perchè diventa difficile sviluppare un dibattito e far circolare un'idea di amministrazione della città su un sito dove Beppe ammonisce tutti:”ricordate che dovete morire!!” Mò me lo segno rispondeva Troisi, ma intanto non ti voto.
  2. L'astensionismo, questo sconosciuto. Da destra a sinistra, dal Corriere a l'Unità tutti a celebrare l'unico vincitore certo della tornata elettorale:l'astensionismo. Vi do una notizia: l'astensionismo questa volta non c'è stato o meglio c'è stato solo in misura quantitativamente fisiologica. Se escludiamo Roma  si è recato a votare, mediamente il 65-70% degli aventi diritto, in perfetta linea con le medie europee, quindi? Quindi chi ha perso ha perso e chi ha vinto ha vinto. Non è che se hai perso la colpa è dei cattivi che si sono rifiutati di andare a votare. A Roma l'astensionismo ha toccato quasi il 50% ma è l'eccezione che conferma la regola: il voto romano è per definizione il voto più politico tra quelli amministrativi ed infatti ne ha presentato tutte le caratteristiche.
  3. Non importa chi ha vinto, conta perchè. Per una volta, a prescindere dal chiacchiericcio da talk show dei politici è chiaro chi ha vinto: quasi ovunque ha vinto il PD ed i suoi alleati, dove non ha vinto è andato al ballottaggio e sempre con il PDL. Che vuol dire? Che il governissimo fa bene al PD, un po' male al PDL e malissimo ai 5stelle? Credo di no, credo che la risposta sia da un'altra parte e cioè che il PD balbettante, incapace, impresentabile nei suoi leaders nazionali abbia nei suoi quadri intermedi persone capaci, presentabili e credibili.

Il messaggio è chiaro: in questo Paese c'è una domanda di buona politica che la classe politica riesce ad intercettare ed interpretare solo quando riesce fisicamente a parlare al cittadino. Le amministrative sono così: io lo voglio conoscere il mio sindaco, ci voglio prendere un caffè e discutere del futuro della mia città; io lo voto se lo conosco, se mi fido, se so che cosa ha fatto fino ad oggi, se penso che si comporterà sulla base del suo vissuto che è stato vissuto vicino a me, nel mio quartiere, nella mia via, nella mia città. Per questo il 5stelle non andrà a nessun ballottaggio, per questo il plasticoso PDL è in svantaggio ovunque e per questo il PD mostra ancora segni di vita. Si discute dell'inadeguatezza della forma partito ai tempi correnti e ci si lambicca il cervello per scovarne di più adatte: queste elezioni hanno detto che il partito delle nomenclature imposte dall'alto è finito, il partito della rete non gode di ottima salute e quelli che stanno un po' meglio sono quelli che hanno conservato organizzativamente radici più salde. La direzione non è la distruzione dei partiti, ma la ricostruzione di partiti aperti, partecipati e radicati.
Se lo segnassero i movimentaristi, virtuali e non, e i “primarialisti”col prefisso telefonico.

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