...Se volete sapere chi furono i miei maggiori,
ebbene sappiate che non mi ha generato un partito politico, di quelli
ancora mezzo morti e quasi ciechi che ci sono ancora, ma un gruppo in
pieno vigore e fervente di giovinezza, ebbro di quel nettare del quale
si beve generosamente al banchetto del qualunquismo quando si viene
convocati in nome della cosiddetta società civile.
Se poi volete sapere il luogo dove sono nato, visto che
oggi voi elettori attribuite tanta importanza al luogo dove si sono
emessi i primi vagiti, sappiate che io non sono nato in una riunione di
partito da una designazione congiunta tra maggioranza e minoranza, né
dall’indicazione sovrana di un capobastone di corrente, ma in un’isola
dove tutto cresce senza seme né aratro, dove non esistono fatica,
vecchiaia, malattie, un luogo che non ha ancora un nome e per questo lo
chiamano Utopia. Da ogni parte mi adulano tenere fanciulle, magnificando
le mie lodi, e mi trovo sempre tra tante delizie. E’ folto e numeroso
il corteo dei miei sostenitori e delle mie sostenitrici, tanto che
nessun altro candidato potrà mai avere l’eguale.
Quella che vedete con le sopracciglia inarcate è
Filautia, la mia segretaria, che conosce tutti i miei segreti e le mie
aspirazioni, prende i miei appuntamenti, fissa le date dei miei incontri
pubblici e privati; quella che sembra ridere con gli occhi è la mia
consulente per le presenze televisive, sempre accorta e attenta; quella
che batte sempre le mani è la mia capo-claque, che quando incontro gli
elettori dà il via agli applausi nei momenti più indicati, con dotta
sapienza; quella mezza addormentata e vinta dal sonno si chiama Lete ed è
tra le collaboratrici la più preziosa, perché è quella il cui compito
consiste nel far dimenticare a tutti le mia promesse non mantenute e le
poche ombre del mio passato politico.
Quella appoggiata sui gomiti, con le mani intrecciate, è
la mia gost writer, mi scrive i discorsi, che imparo a memoria, e
inventa per me gli slogans più affascinanti; l’altra, cinta da un serto
di rose, cura gli addobbi delle sale dove mi reco a parlare e a fare
discorsi; quell’altra dai mobili sguardi lascivi deve cercare di portare
dalla mia parte gli elettori maschi, invitati ad offrirmi il loro
appoggio con provocanti quanto suggestivi consigli.
Tra le fanciulle potete vedere anche due dei: maschi,
ma con un temperamento che non ha niente da invidiare, quanto a
determinazione e fascino, a quello delle donne del mio corteo. Il loro
compito non è meno importante: consiste nel curare l’eleganza del mio
abbigliamento e del mio comportamento. Con l’aiuto di tutta questa mia
corte, io primeggerò su tutti gli altri candidati e sarò candidato tra i
candidati, eletto fra gli eletti, sovrano fra i sovrani.
Vi ho detto origine, educazione, compagni. Ora, perché a
qualcuno non paia senza fondamento la mia pretesa di essere eletto,
drizzate le orecchie e ascoltate di quanta utilità la mia elezione potrà
risultare alla città e ai cittadini e quanto sarà grande il beneficio
che tutti trarranno dalla mia vittoria. Se, infatti, non senza saggezza,
qualcuno ha scritto che essere eletto proprio questo significa: giovare
agli altri ancor più che a se stessi, se a buon diritto sono stati
eletti in passato e ammessi in consiglio candidati che avevano promesso
anche vino, grano e simili beni, perché io non dovrei a buon diritto
essere ritenuto e proclamato eletto fra gli eletti, dal momento che io
posso essere quanto a benefici il più prodigo di tutti? Innanzitutto,
che cosa può esserci di più dolce e prezioso della mia elezione? Tutti
ne saranno felici e con essa farò felici tutti.
Dispenserò felicità alla mia città e a tutti con la testa,
con il volto, con il cuore, con le mani e con l’orecchio. Sì, anche con
l’orecchio, perché saprò ascoltare tutti e a tutti prestare ascolto,
soprattutto ai giovani. Di dove, di grazia, questa benevolenza per la
gioventù? Di dove, se non da me? Sarà per merito mio se i giovani
troveranno un posto di lavoro, per merito mio guadagneranno e saranno
sempre di buon umore, e questa felicità durerà in loro anche quando,
cresciuti, con l’esperienza e l’educazione acquisteranno una certa
maturità e, anche se sarà sfiorita la loro bellezza, illanguidita la
loro alacrità e inaridita la loro attrattiva, venuto meno il vigore,
grazie a me continueranno a sperare in un radioso futuro.
Quanto più gli elettori si allontaneranno da me, tanto
meno vivranno felici, e, quando sopraggiungerà la gravosa vecchiaia, la
molesta vecchiaia, odiosa non solo agli altri, ma anche a se stessa,
nessuno riuscirà a sopportarla se, ancora una volta, impietosita da
tanto soffrire, non verrò in aiuto io con le mie tante elargizioni, in
cambio di una umile e modesta cosa quale la preferenza a me accordata
alle elezioni. Io riporterò all'infanzia quanti saranno prossimi alla
tomba e che il volgo, non senza fondamento, usa chiamare rimbambiti, li
condurrò alla fonte dalla quale sgorgherà per mio esclusivo merito il
latte che sarà per loro fonte di vita e continuerò ad elargire loro i
miei benefici fino a quando saranno in grado di recarsi alla cabine
elettorali e scegliere me quale candidato preferito. Delireranno, non
ragioneranno più, ma sapranno ancora votarmi e riusciranno a farlo.
Paragoni ora chi vuole questo mio beneficio con
quelli promessi ed elargiti dagli altri candidati. E non sto a ricordare
quello che fanno quando li possiede l'ira per non essere stati votati;
parlo di coloro che hanno goduto dell’elezione, ma dopo essere stati
votati si sono trasformati in autori di promesse mancate, diventando
alberi, uccelli, cicale, e perfino in serpenti, come se nel diventare
altro consistesse il non rispettare il proprio programma elettorale.
Al contrario, i miei elettori sono tutti grassottelli,
lustri, senza una ruga, proprio come quelli che chiamano porcelli
d'Acarnania, immuni, per certo, da qualunque povertà e da qualsiasi
disturbo senile, a meno che non si trovino a subire in qualche misura il
contagio dei miei avversari politici, come capita, poiché la vita non
consente mai una completa felicità. Vadano pure gli altri, stoltissimi
elettori, a dare il loro voto ad altri candidati, a qualsiasi altro
autore di vaghe e non mantenute promesse. Saranno voti persi, perché
solo io posseggo quel filtro miracoloso che consente di mantenerle e la
forza per usarlo.
Passate in rassegna tutte le liste di candidati, e
trovatene uno solo che possa osare di dirsi a me pari, e di garantire
uguale protezione ai propri elettori, che abbia la stessa fama di
sapiente, che possa garantire più di me una vita felice, fatta di
conviti, balli, canti e giochi. Chi non sceglierà me, fra tutti, come il
sempre più allegro, il sempre più giovane, il sempre più generoso e
dispensatore di posti di lavoro, di svaghi e di piaceri? Forse taluni
penseranno che io millanti, chiuderanno gli occhi e non riusciranno così
a vedere i mille e tanti vantaggi della mia elezione, si illuderanno
che, votando un altro candidato, potranno operare una scelta migliore.
Essi andranno così incontro ad un ben triste destino e
si pentiranno ben presto della loro scelta, capendo troppo tardi di
essersi fatti ingannare da meriti che non erano meriti, vantaggi che non
erano vantaggi e di aver seguito da sciocchi un altro corteo, diretto
da un’altra entità di cui Erasmo tessé un elogio come questo: la Pazzia.