Lettera da Praga, non troppo informata ma divertita. di Corradino Mineo
Confermo parola per parola e sottoscrivo...
"Ho sospeso il caffè e seguo solo da lontano le notizie italiane.
Leggo i giornali con ritardo, non mi preoccupo di restare connesso in
rete. Devo confessare che trovo divertente questo distacco che mi sono
imposto. Perché vedo le menzogne lievitare e poi afflosciarsi a distanza
di pochi giorni. Quando ho lasciato, nemmeno una settimana fa, si stava
dispiegando il tentativo di attribuire al Senato, cioè alla camera che
sarà soppressa, alle lobby, per definizione senza nome, a singoli
deputati, senza qualità, lo scempio dei provvedimenti natalizi su cui il
Governo aveva posto la fiducia, salva Roma e stabilità.
A un certo punto il Governo ha creduto di averla fatta franca e il
Quirinale ha intimato di non snaturare i decreti legge firmati dallo
stesso Presidente della Repubblica. Tuttavia i fatti sono testardi e sta
venendo fuori la verità. Da 7 mesi, non da 7 settimane, il governo
governa espropriando il Parlamento di ogni sua funzione, bombardandolo
di decreti non omogenei (come le misure contro i No TAV infilate nel
provvedimento sulla violenza di genere), suggerendo a Presidenti di
Commissione e Capi Gruppo di maggioranza emendamenti correttivi o
aggiuntivi, in nome della governabilità.
Era l’altra faccia delle larghe intese. Napolitano, Letta e
l’ex “pacificatore” Berlusconi promettevano per il 2015 la grande
riforma della Costituzione, come panacea di ogni male. Intanto i
ministri (tutti o quasi) si esercitavano in una politica di regalie (che
più volte ho definito “dorotea”) con lo scopo di tener buona la platea
più ampia possibile di clienti o di soggetti a qualche titolo bisognosi
di un intervento pubblico. La responsabilità del Pd è di aver
selezionato, nel periodo peggiore della sua non politica, tra aprile e
maggio, un gruppo di Presidenti di Commissione, Capi gruppo e Relatori
che avevano per compito quello di compiacere il Governo, di non
disturbare le intese, di reprimere ogni dibattito che rischiasse di
apparire - e fu coniato un neologismo - “divisivo”.
Tra il 27 novembre (voto della decadenza di Berlusconi) e l’8
dicembre (primarie del Pd), quel modo di fare e quella politica sono
stati definitivamente seppelliti. Anche se in molti non lo avevano
capito. La maggioranza, infatti, si basava ormai su di un vantaggio
risicatissimo in Senato. Mentre i suoi appetiti erano persino cresciuti,
poiché il Nuovo Centro Destra doveva portare a casa qualcosa alla
faccia di Forza Italia, il centro di Monti si era diviso in due, e il Pd
di governo cercava di non perdere peso dopo le primarie.
Amen. A me sembra evidente che il Governo Letta Alfano non possa
durare neanche un mese senza darsi una precisa tabella di marcia, con
obiettivi scadenzati nel tempo, verificabili e condivisi. Così come mi
sembra inevitabile che i gruppi parlamentari del Pd, debbano procedere a
un chiarimento, prendendo atto della rivoluzione che si è compiuta con
le primarie, discutendo, decidendo e, se necessario, dividendosi.
Il prossimo decreto omnibus che il Governo presenterà in Senato sarà
dichiarato incostituzionale con sommo gaudio del presidente Grasso e
della Presidente della Prima Commissione Anna Finocchiaro. Bene. Tocci e
il sottoscritto saranno autorizzati a respingere al mittente la
richiesta di concedere al governo una delega in bianco per l’università.
Eppure il tentativo di cambiare le carte in tavola c’è stato. E si è
servito della nuova ideologia, demagogica e populista, quella che
attribuisce alla “politica” tutte le colpe. In linea con l’affabulazione
del Grillo e con il tentativo di assolvere il resto della “razza
padrona”: finanzieri, banchieri, imprenditori che vivono di commesse e
sostegno pubblici, giornalisti strapagati, professori e tecnici
supponenti e incompetenti.
Su questo bisogna tornare: la bancarotta italiana consiste purtroppo
nel fallimento dell’intera classe dirigente. Il rinnovamento dovrà
essere radicale. E la logica secondo cui pubblico fa schifo e privato è
buono, almeno sottoposta a verifica. Qui vorrei, però, spendere ancora
poche parole sulla sorpresa con cui Potenti e Saccenti hanno accolto le
posizioni espresse da Maurizio Landini di ieri alla Repubblica.
Mettiamola così. Da anni i metalmeccanici sono stati lasciati soli. Soli
a sostenere la loro battaglia per la libertà di rappresentanza in
fabbrica, soli a dire che non si sarebbero difesi i giovani senza lavoro
né quelli a partita IVA, togliendo i pochi diritti rimasti agli operai.
Ora il progetto che Renzi e Taddei dicono di voler preparare per il Pd
sembra dargli ragione. Trovo assolutamente naturale che Landini vada a
“vedere”. Dovrebbero farlo anche Civati e Cuperlo, senza dar troppo peso
alle anticipazioni interessate dei giornali.
I quali giornali spesso semplificano, perché “tecnici” ed
“editorialisti” non comprendono, perché i 101 si meravigliano. Avevano
raccontato una bugia, un’Italia immaginaria. In cui gli operai meccanici
figuravano come i difensori di ogni incrostazione burocratica, di ogni
rigidità e conservatorismo. Mentre imprenditori privati (persino i
Riva), tecnici di governo (persino Fornero, che non conosceva il numero
dei pensionati rimasti senza tutela), teorici del sindacato
collaborativo (persino Sacconi) passavano per riformisti.
Il 2014 sarà un anno difficile, ma si annuncia divertente per chi non ha paura della verità."