mercoledì 31 luglio 2013


PILLOLE (basta un poco di zucchero e..) 
"Ringrazio Dio che non si sia fatto un governo con Grillo e magari un referendum per uscire dall'euro [...]. Molti elettori e molti eletti del M5s sono sicuramente persone degne e capaci di fare politica. Ma questa idea della rete come palingenesi e istituzione iperdemocratica mi ricorda i romanzi di Urania".

Francesco De Gregori al Corriere della Sera del 31 luglio 2013

mercoledì 17 luglio 2013


...Non aspettarti nessuna risposta, oltre la tua.

venerdì 12 luglio 2013



Boccone Amaro (quando la tristezza fiacca l'invettiva)





In una notte d'estate dell'anno di grazia 2013, 50 poliziotti italiani irrompono in una villetta, arrestano una donna kazaka e sua figlia di 6 anni, le mettono su un aereo con decreto di espulsione e le rimandano in patria. Si tratta di Alma Shalabayeva, moglie dell'oppositore al regime Mukhtar  Ablyazov, espatriata in occidente con la figlioletta perchè il Kazakistan non era più sicuro per loro..
Il ministro dell'Interno Alfano Angelino dopo aver dichiarato di essere all'oscuro dell'operazione (!?!!?!) ha candidamente revocato il decreto di espulsione. Dichiarazione dell'Ottimo Ministro:"la donna potrà rientrare in Italia e chiarire la propria posizione". 
Certo, perchè nella Libera Repubblica kazaka le lasciano ripartire quando vogliono!

Che Paese è questo?

mercoledì 10 luglio 2013


Doppio Click


Italia, 25 gennaio 1946: Assemblea Costituente della Repubblica Italiana. 
Questi hanno scritto la Costituzione. 
 
   Piero Calamandrei       Giuseppe Dossetti       Luigi Einaudi           Aldo Moro       Oscar Luigi Scalfaro


Italia 4 giugno 2013: Commissione dei saggi per la riforma costituzionale.
Questi la riscriveranno.

  Luciano Violante             Enzo Cheli           Franco Frattini     Francesco D'Onofrio        Valerio Onida


Non sentite anche voi un brivido lungo la schiena? Complimenti!

giovedì 4 luglio 2013

Declino e caduta di un eroe nazionale.



Triste quel popolo che ha bisogno di eroi. Più triste ancora è quel popolo che non ne conosce affatto o se ne conosce, ne viene tradito.
Antonio Di Pietro è stato un eroe nazionale, lo è stato nel '94 quando da magistrato massacrava una classe politica corrotta e decretava la fine dei partiti politici di massa, lo è stato nel '98 quando fondò l'Italia dei Valori, lo è stato nei quindici anni successivi quando da dentro e fuori il palazzo ha combattuto battaglie fondamentali per questo Paese (referendum e leggi di iniziativa popolare contro indulto, finanziamento pubblico dei partiti, nucleare e privatizzazione dell'acqua) molte volte vincendole.
Ma Tonino è stato un eroe nazionale soprattutto per la sua storia personale: figlio di contadini molisani emigra in Germania per lavoro, torna in Italia e sempre lavorando si paga gli studi in giurisprudenza, fino a quando approda al Tribunale di Milano e gli assegnano un caso ridicolo e secondario di concussione riguardante un certo Mario Chiesa che aveva intascato 7 milioni di lire da un'impresa di pulizia. Così iniziò Mani Pulite.
Tonino Di Pietro ha rappresentato per quasi vent'anni il “sogno italiano”, il riscatto del popolo meridionale che senza santi in paradiso, fa quello che deve essere fatto, con sacrificio e con il lavoro e alla fine riesce a muovere quel maledetto ascensore sociale bloccato da generazioni. Per questo in tanti lo hanno amato, idolatrato, seguito nella sua avventura anche ciecamente perchè uno come te, che viene da dove vieni tu, non ti può tradire. Non ti può tradire uno che combatte con il congiuntivo come con Berlusconi.
Ma ogni giorno trova il suo tramonto e Di Pietro lo ha trovato in se stesso, non nel killeraggio telecomandato operato da Report, non negli Scilipoti&Razzi Associati, non nella sconfitta elettorale del febbraio 2013. Di Pietro ha trovato la sua fine nella distanza tra idea e azione: quando chiedeva l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti e con i rimborsi elettorali faceva acquisti immobiliari, quando ha gestito un partito arrivato a percentuali di consenso in doppia cifra da padre-padrone, quando ha guardato con più interesse a Grillo che al centrosinistra, quando ha scelto candidati solo perchè potevano portare un pugno di voti in più, quando la questione morale è rimasta lettera morta nelle intenzioni e non poteva toccare il suo cerchio magico. L'uomo di Montenero di Bisaccia ha trovato la sua fine quando ha smesso di essere se stesso ed è diventato uno degli altri nei comportamenti privati, nella morale, nel gestire quotidiano la politica politichese.
Tonino si è infilato in uno stillicidio di errori macroscopici, la cui origine era sempre altra da sé (il PD che manovra la Gabanelli, Berlusconi che si compra i senatori IDV, i Massimo Donadi ambiziosi che lo vogliono sostituire al comando del partito): c'è sempre un nemico esterno di orwelliana memoria.
Così dopo aver perso consensi, credibilità e compagni di viaggio (Donadi, Formisano, Orlando, Bellisario, Costantini, solo i primi che mi vengono in mente...) si è arrivati finalmente ad un congresso nazionale che doveva essere “vero”, che doveva significare il rilancio di una piattaforma ideale, che doveva certificare il rinnovamento del partito negli uomini e nei comportamenti. Doveva. Perchè il passo indietro del Tonino nazionale doveva lasciare spazio alle energie di un partito fatto ormai di irriducibili e di quelli che “ci credono veramente”, al netto degli opportunisti e di quelli a caccia di poltrone facili. Doveva. Perchè non gli ideali e il partito c'erano da gestire, ma ancora una volta il tesoretto dei rimborsi elettorali e così in un contesto a metà strada tra Grande Fratello e Quirinalarie grilline si è consumato lo scontro tra Rinaldi-Borghesi-Castellarin-Scalera (il rinnovamento dei non implicati nella gestione precedente) e Ignazio Messina (il cerchio magico redivivo, uomo dell'organizzazione interna, espressione della continuità).
Indovinate chi ha vinto, indovinate per chi tifava pur non apertamente Di Pietro.
Neanche a parlare di come sono state fatte le tessere nel partito della legalità, neanche a parlare di come sono andate le operazioni di voto nel partito dalle mani pulite.
Così domenica scorsa si è chiusa una storia, così è finita la speranza di tanti, degli ultimi che ci credevano ancora, ma soprattutto così è finita la parabola di un eroe nazionale a cui non resta che sopravvivere a se stesso e far l'opinionista da Santoro.
Fine sogno.
Triste quel popolo che ha bisogno di eroi.