venerdì 31 maggio 2013

Sul finanziamento pubblico dei partiti. Contropinione ragionata

Vi do una notizia: questo Paese è stato progettato come un meccanismo perfetto, basato su principi democratici con sistemi di poteri e contropoteri tendenti a favorire l'uguaglianza e la partecipazione.
Ve ne do un'altra: questo Paese ha dimostrato negli anni una capacità incredibile al masochismo, all'autoflagellazione e all'autolesionismo unici.L'ottimo governo dell'ottimo Enrico Letta sta lavorando sulla cancellazione (pur graduale, si parla di una legge che andrà a regime in tre anni) del finanziamento pubblico ai partiti. Attacco di grillismo? Arma letale antigrilli? Ai posteri...
Io qui mi soffermerei su una riflessione, pacatamente e serenamente (direbbe Romano Prodi): il finanziamento pubblico ai partiti non va abolito, ma ridotto e regolamentato.
Quello che volgarmente si definisce finanziamento pubblico dei partiti (che dopo il referendum del 94 è diventato rimborso elettorale) è una misura che fu prevista come principio di libertà: ogni cittadino ed ogni libera associazione di cittadini dovevano essere messi nelle condizioni di poter partecipare alla vita pubblica, perchè la politica ha un costo. Sennò ci ritroveremo a vivere in un Paese dove i partiti saranno ostaggio di lobbies finanziatrici e si sceglieranno i leaders in base al patrimonio personale o alla capacità di attrarre finanziamenti anziché in base alle idee e ai progetti. Lasciare tutto come sta? No, perchè i rimborsi sono abnormi rispetto alle spese certificate, per le elezioni 2008 (ultime politiche su cui abbiamo dati certi) i partiti sono stati rimborsati del 500%. Ma non pongo qui la questione quantitativa, che pure non è irrilevante, quanto la destinazione del denaro pubblico.
Le spese per la campagna elettorale andrebbero calmierate basandole sui collegi e dividendole per i candidati ed andrebbero rimborsate a seguito di giustificata dimostrazione (per tutto il resto c'è mastercard, cioè la mastercard del candidato).
Le sedi di partito ed i relativi oneri di affitto e gestione non dovrebbero rientrare tra le voci rimborsabili (chi vuole può aprire una sede in ogni quartiere, o in ogni casa, ma se la paga).
Il personale di partito andrebbe ridotto ma va pagato perchè sta li a svolgere una funzione (e la dovrebbe svolgere in base a delle competenze chiare e dimostrabili, non perchè è l'amante della zia del segretario).
Una parte dei rimborsi dovrebbe essere destinata infine alla formazione politica (hai visto mai che potremmo migliorare pure la qualità dei nostri politici?).
Si potrebbe ridurre di due terzi la spesa pubblica relativa ai rimborsi elettorali senza minare ulteriormente il principio democratico che ne è alla base. Contrariamente alla vulgata corrente, io la penso così.
Fa ridere? In Italia, oggi, si.

giovedì 30 maggio 2013

Grilletti Nervosi. A Bè facce ride (se je la fai..)

Amico che hai votato il 5STALLE perchè "ti dovevi sfogare", perchè "basta co' sto magna magna", perchè "sò tutti uguali", adesso che hai votato per il più uguale di tutti ti senti meglio? 
Amico che hai votato il 5STALLE perchè "il webbe è libertà, il webbe è partecipazione, il webbe è democrazia diretta, il webbe è il futuro della politica" non senti un piccolo bruciore di stomaco?
Amico che hai votato il 5STALLE perchè "siete tutti morti, vaffanculo, arrendetevi, siete circondati e alla fine ne resterà uno solo", tu come stai di salute? Ci arrivi sicuro alla fine?
Amico che hai votato il 5STALLE, a noi sfigati che per un pò abbiamo fatto vita di partito, che abbiamo partecipato, che ci siamo impegnati, che abbiamo lottato, che abbiamo perso più volte di quante abbiamo vinto, insegnarono prima dello svezzamento che la Politica è rispetto, ascolto, apertura agli altri, partecipazione e non esclusione, è essere certi dei propri valori ma coltivare sempre il dubbio. 
Amico che hai votato il 5STALLE io non ce l'ho con te, ce l'ho con chi vomita su tutto e tutti solo per il gusto di farlo, solo per tenere compatta la truppa, solo perchè ha dimostrato di non aver niente da dire. Ce l'ho con chi percepisce gli altri come monoliti indistinguibili e non si rende conto che nel PD, in SEL, in CD, in PDL, in Scelta Civica e fuori dal Parlamento ci sono persone perbene e altre meno, ci sono proposte che varrebbe la pena votare e altre meno, ci sono scelte su cui varrebbe la pena ragionare insieme e altre meno. Amico che hai votato il 5STALLE se c'è una cosa che non sopporto è il totalitarismo, è l'arroganza tronfia di chi ritiene di avere il Verbo che tutti devono ascoltare, sennò sei un colluso, un ladro, un connivente. E' la prepotenza sciocca di chi innalza Gabanelli a candidato Presidente della Repubblica e dopo 15 giorni le sputa in faccia tacciandola di PDismo, di chi tesse le sperticate lodi di Rodotà Pater Patriae e appena questi si permette di commentare l'insuccesso grillino alle amministrative riceve valanghe di sterco dal "webbe". Blasfemi che non siete altro! ma come? Il Movimento vi pone nel suo pantheon e voi così ricambiate? Sterco del diavolo che non siete altro!!
Amico che hai votato il 5STALLE ecco perchè io non ho votato come te, ecco perchè per quello che vale Beppe Grillo non avrà mai il mio voto: con urla, vaffanculo e oceaniche adunate di piazza (brivido lungo la schiena) non si cambiano le cose che non vanno. Si cambiano con il lavoro, l'umiltà, la collaborazione e la capacità di non essere manichei.
Beppe Grillo una volta mi faceva ridere, oggi un pò meno.     
Lettura della settimana



 Buona lettura..

mercoledì 29 maggio 2013

Al voto, al voto!

Il voto amministrativo dello scorso fine settimana ha detto due tre cose che a ben guardare portano ad un'unica conclusione, io le ho sentite così:

  1. Rivoluzioni a corrente alternata. La sconfitta chiara del futurista movimento 5 stelle è arrivata a causa della rete e non dei giornalisti-carogne che spalano fango su Beppe e i suoi dalla mattina alla sera o a causa “degli scarsi fondi messi a disposizione per la campagna elettorale” (cit.De Vito candidato sindaco M5S, quando si dice la coerenza..). E' arrivata a causa della rete perchè diventa difficile sviluppare un dibattito e far circolare un'idea di amministrazione della città su un sito dove Beppe ammonisce tutti:”ricordate che dovete morire!!” Mò me lo segno rispondeva Troisi, ma intanto non ti voto.
  2. L'astensionismo, questo sconosciuto. Da destra a sinistra, dal Corriere a l'Unità tutti a celebrare l'unico vincitore certo della tornata elettorale:l'astensionismo. Vi do una notizia: l'astensionismo questa volta non c'è stato o meglio c'è stato solo in misura quantitativamente fisiologica. Se escludiamo Roma  si è recato a votare, mediamente il 65-70% degli aventi diritto, in perfetta linea con le medie europee, quindi? Quindi chi ha perso ha perso e chi ha vinto ha vinto. Non è che se hai perso la colpa è dei cattivi che si sono rifiutati di andare a votare. A Roma l'astensionismo ha toccato quasi il 50% ma è l'eccezione che conferma la regola: il voto romano è per definizione il voto più politico tra quelli amministrativi ed infatti ne ha presentato tutte le caratteristiche.
  3. Non importa chi ha vinto, conta perchè. Per una volta, a prescindere dal chiacchiericcio da talk show dei politici è chiaro chi ha vinto: quasi ovunque ha vinto il PD ed i suoi alleati, dove non ha vinto è andato al ballottaggio e sempre con il PDL. Che vuol dire? Che il governissimo fa bene al PD, un po' male al PDL e malissimo ai 5stelle? Credo di no, credo che la risposta sia da un'altra parte e cioè che il PD balbettante, incapace, impresentabile nei suoi leaders nazionali abbia nei suoi quadri intermedi persone capaci, presentabili e credibili.

Il messaggio è chiaro: in questo Paese c'è una domanda di buona politica che la classe politica riesce ad intercettare ed interpretare solo quando riesce fisicamente a parlare al cittadino. Le amministrative sono così: io lo voglio conoscere il mio sindaco, ci voglio prendere un caffè e discutere del futuro della mia città; io lo voto se lo conosco, se mi fido, se so che cosa ha fatto fino ad oggi, se penso che si comporterà sulla base del suo vissuto che è stato vissuto vicino a me, nel mio quartiere, nella mia via, nella mia città. Per questo il 5stelle non andrà a nessun ballottaggio, per questo il plasticoso PDL è in svantaggio ovunque e per questo il PD mostra ancora segni di vita. Si discute dell'inadeguatezza della forma partito ai tempi correnti e ci si lambicca il cervello per scovarne di più adatte: queste elezioni hanno detto che il partito delle nomenclature imposte dall'alto è finito, il partito della rete non gode di ottima salute e quelli che stanno un po' meglio sono quelli che hanno conservato organizzativamente radici più salde. La direzione non è la distruzione dei partiti, ma la ricostruzione di partiti aperti, partecipati e radicati.
Se lo segnassero i movimentaristi, virtuali e non, e i “primarialisti”col prefisso telefonico.

sabato 25 maggio 2013

Pescara che verrà e il PD[R] 

Si discute a Pescara sul progetto della dannunziana amministrazione Mascia (centrodestra) di pedonalizzare una grande arteria del centro cittadino: Corso Vittorio Emanuele II.

Questa “grande opera”, per cui sono stati stanziati un milione e spiccioli di euro, suscita giustamente in città dibattiti e prese di posizione. E' un' opera in grado di cambiare radicalmente il volto del capoluogo abruzzese così come lo conosciamo. Chiudere al traffico parte del centro è stata negli anni un'utopia , un sogno segreto di larga parte della sinistra e della sua gente, delle associazioni ambientaliste attente alla qualità dell'aria ed alla fruibilità degli spazi civici, di chiunque abbia una bicicletta e sogni di attraversare almeno una parte della città pedalando senza respirare gas di scarico e rischiare la pelle.
Senza entrare nel merito del progetto, ma solo in punto di principio, l'iniziativa pare ambiziosa ma condivisibile: Pescara è una città che ogni giorno viene raggiunta da un numero di persone pari ad i suoi abitanti che arrivano in macchina, ne consegue una qualità della vita e dell'aria molto basse a causa di traffico e smog; e checchè se ne dica anche le ambizioni turistiche e commerciali sono frustrate da questi aspetti.

Nell'ambito del dibattito, è un po' imbarazzante scorrere le posizioni assunte dal centrosinistra ed è incredibile come ogni volta che, ad ogni livello, si cerchi il PD lo si trovi costantemente in retroguardia. Si potrebbe proporre una variazione di denominazione PD[R] “Partito Difesa e Retroguardia”.
Mi pare stridente che un partito, come usava dire una volta “progressista”, si arrocchi in difesa di interessi miopi e particolaristici o si adoperi a costruire barricate e ad aizzare commercianti ed associazioni di categoria contro il progetto, per partito preso. Un Partito serio avrebbe sviluppato un dibattito aperto a tutta la cittadinanza, avrebbe dialogato con la maggioranza in Comune per emendare il progetto e renderlo migliore, avrebbe avuto la capacità di vedere oltre la punta del proprio naso, avrebbe fatto proposte, condiviso posizioni e partecipato: in una parola avrebbe fatto politica, anziché andare miseramente a caccia dei voti di quei commercianti che temono che gli interessi della loro bottega vengano danneggiati dal progetto.

Mi chiedo se nelle grandi città europee Parigi, Barcellona, Berlino non esistano aree chiuse al traffico privato. E mi chiedo se, qualora esistessero, siano squallidi viali tappezzati di saracinesche abbassate o veri e propri “giardini urbani”. Mi chiedo se passeggiare in bicicletta con tuo figlio per Corso Vittorio e fare shopping non sarebbe più divertente che chiudersi in un outlet fuori città. Mi chiedo se il centrosinistra e il PD se lo chiedono.

lunedì 20 maggio 2013

Sono passati dieci anni...

L'ultimo editoriale di Luigi Pintor, morto il 17 maggio 2003
La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno.

Non credo che lo facciano per opportunismo e che sia imputabile a singoli dirigenti. Dall'89 hanno perso la loro collocazione storica e i loro riferimenti e sono passati dall'altra parte. Con qualche sfumatura. Vogliono tornare al governo senza alcuna probabilità e pensano che questo dipenda dalle relazioni con i gruppi dominanti e con l'opinione maggioritaria moderata e di destra. Considerano il loro terzo di elettorato un intralcio più che l'unica risorsa disponibile. Si sono gettati alle spalle la guerra con un voto parlamentare consensuale. Non la guerra irachena ma la guerra americana preventiva e permanente. Si fanno dell'Onu un riparo formale e non vedono lo scenario che si è aperto. Ciò vale anche per lo scenario italiano, dove il confronto è solo propagandistico. Non sono mille voci e una sola anima come dice un manifesto, l'anima non c'è da tempo e ora non c'è la faccia e una fisionomia politica credibile. E' una constatazione non una polemica.

Noi facciamo molto affidamento sui movimenti dove una presenza e uno spirito della sinistra si manifestano. Ma non sono anche su scala internazionale una potenza adeguata. Le nostre idee, i nostri comportamenti, le nostre parole, sono retrodatate rispetto alla dinamica delle cose, rispetto all'attualità e alle prospettive.

Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto profondo. C'è un'umanità divisa in due, al di sopra o al di sotto delle istituzioni, divisa in due parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire. Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine e stabilire una estraneità riguardo all'altra parte. Destra e sinistra sono formule superficiali e svanite che non segnano questo confine.
Anche la pace e la convivenza civile, nostre bandiere, non possono essere un'opzione tra le altre, ma un principio assoluto che implica una concezione del mondo e dell'esistenza quotidiana. Non una bandiera e un'idealità ma una pratica di vita. Se la parte di umanità oggi dominante tornasse allo stato di natura con tutte le sue protesi moderne farebbe dell'uccisione e della soggezione di sé e dell'altro la regola e la leva della storia. Noi dobbiamo abolire ogni contiguità con questo versante inconciliabile. Una internazionale, un'altra parola antica che andrebbe anch'essa abolita ma a cui siamo affezionati. Non un'organizzazione formale ma una miriade di donne e uomini di cui non ha importanza la nazionalità, la razza, la fede, la formazione politica, religiosa. Individui ma non atomi, che si incontrano e riconoscono quasi d'istinto ed entrano in consonanza con naturalezza. Nel nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneità ma in un giro circoscritto e geloso. Ora è un'area senza confini. Non deve vincere domani ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il suo scopo è reinventare la vita in un'era che ce ne sta privando in forme mai viste.